Il reato di atti persecutori previsto dall’art. 612 bis c.p., notoriamente conosciuto come stalking, è un delitto particolarmente insidioso che spesso precede la commissione di reati più gravi a danno della persona offesa.
Quando si configura?
Al riguardo regna una grande confusione che, oltre a rendere incerti i confini di tale fattispecie criminosa, non sempre fa comprendere alla vittima dello stalking di star subendo un reato.
Secondo l’art. 612 bis c.p. “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.”
Si tratta di un reato abituale, per la cui configurazione è necessario che le condotte di minaccia, molestia o violenza siano ripetute più volte (secondo consolidata giurisprudenza è sufficiente anche la reiterazione del comportamento una sola volta, purché le condotte criminose siano legate da un unico disegno criminoso; si veda al riguardo la sentenza della Cassazione penale, sez. V, n. 6417).
Il concetto di molestia, potendosi prestare a molteplici interpretazioni rende i confini di tale reato fumosi e, talvolta può comprendere anche comportamenti che presi singolarmente non costituiscono un illecito penale (è il caso ad esempio del c.d. stalking condominiale).
In ogni caso, le condotte suindicate devono necessariamente causare almeno uno dei seguenti eventi alternativi:
1) il perdurante e grave stato di ansia o paure della vittima;
2) il fondato timore per la propria incolumità o per quella di persona legata affettivamente;
3) la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.
Come tutelarsi da uno stalker?
Le possibilità di tutela per un soggetto che subisce le condotte persecutorie di uno stalker si riducono essenzialmente a due strumenti: l’ammonimento da parte del questore e la presentazione di una denuncia – querela.
Il primo metodo, decisamente più soft, solitamente precede la querela e consiste nella richiesta, presentata dalla vittima al questore, di intimare all’autore del reato di interrompere immediatamente ogni condotta persecutoria (o addirittura in alcuni casi ogni contatto con la vittima). Tale ordine sostanzialmente non è accompagnato da particolari effetti se non quello di rendere procedibile d’ufficio il reato (ciò significa che se lo stalker insiste nelle sue condotte persecutorie quest’ultimo sarà perseguibile a prescindere dalla presentazione di una querela).
Il secondo metodo, decisamente più efficace, consiste nella presentazione di una formale denuncia-querela alla Procura della Repubblica. Attraverso tale atto la vittima, oltre ad esporre in modo chiaro e sintetico le molestie, minacce o violenze subite, esprime una chiara volontà affinché quest’ultimo sia perseguito per il reato di cui all’art. 612 bis c.p.; la querela, in questi casi, deve essere presentata entro e non oltre 6 mesi dall’ultima condotta persecutoria subita e non è rimettibile se non processualmente (cioè di fronte ad un giudice).
La presentazione della querela comporta automaticamente la nascita e l’avvio di un procedimento penale nei confronti dello stalker. Inoltre, attraverso quest’ultima, è possibile chiedere sin da subito (senza quindi dover attendere l’esito del procedimento penale che di norma ha una durata di diversi anni) che venga applicata una misura cautelare nei confronti del molestatore come ad esempio il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa ex art. 282 ter c.p.p., oppure nei casi più gravi gli arresti domiciliari o la custodia cautelare in carcere.
Tali provvedimenti, potendo essere emessi ed applicati in tempi brevissimi, sono certamente i più idonei a tutelare la vittima nel caso in cui quest’ultima stia subendo il reato oggetto del presente approfondimento.
Occorre rivolgersi ad un avvocato?
La risposta deve senz’altro essere affermativa per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, la vittima solitamente non riesce ad avere una visione completa ed imparziale della vicenda avendo avuto molto spesso dei trascorsi con lo stalker (nella maggior parte dei casi il molestatore è persona conosciuta legata da precedenti relazioni personali alla vittima).
In secondo luogo, l’aiuto di un professionista nella predisposizione e redazione della denuncia – querela e, soprattutto, nella richiesta di misure cautelari risulta molto spesso essere fondamentale. Ed infatti, una chiara esposizione dei fatti ed un corretto inquadramento giuridico, possono indirizzare la Procura nella giusta direzione e, soprattutto, garantire una tutela immediata alla vittima del reato.