La diffamazione online

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L'articolo tratta del dilagante fenomeno del reato di diffamazione c.d. online. In altre parole, viene approfondito il delitto di diffamazione posto in essere mediante social network, siti internet o altri mezzi di comunicazione di massa, ponendo l'accento sulle forme di tutela a cui può accedere la persona offesa per limitare la lesione dei suoi diritti in atto o, comunque, ottenere da questa un idoneo risarcimento del danno.

Lesione della propria reputazione per mezzo di social network o altri mezzi di comunicazione di massa

Post o commento offensivo sui social network: è reato?

La risposta a tale quesito deve senz’altro essere positiva. Ed infatti, offendere l’altrui onore o reputazione costituisce secondo il codice penale reato di diffamazione.

Come tutelare la propria immagine in caso di attacco online

 

 

 

 

 

In particolare l’art. 595 c.p. comma 1, prevede che “chiunque, […], comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032”. Inoltre, lo stesso articolo del codice penale al comma 3 recita che “se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516”.
Pena prevista per il delitto di diffamazione ex art. 505 c.p.

In altre parole, offendere, oltraggiare e schernire una persona alle sue spalle (ovverosia senza che l’interessato sia presente e possa difendersi), comunicando con almeno due persone, integra il delitto di diffamazione tanto nella vita reale che in quella virtuale (mediante pubblicazione di post o commenti sui social network).
Al riguardo è recentemente intervenuta la Corte Di Cassazione con la sentenza n. 40083, del 6 settembre 2018. La Suprema Corte, in primo luogo ha confermato il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui un social network deve a tutti gli effetti essere equiparato ad un luogo aperto al pubblico e, pertanto, non vi è alcun dubbio che offendere una persona online equivale a farlo dal vivo; in secondo luogo, ha ritenuto sussistente l’aggravante prevista dal comma 3 dell’art. 595 c.p. affermando che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata, poiché trattasi di condotta potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone , né l’eventualità che fra i fruitori del messaggio vi sia anche la persona a cui si rivolgono le espressioni offensive, consente di mutare il titolo del reato nella diversa ipotesi di ingiuria ”. In altri termini, il solo fatto che un post o un commento su di un social network sia potenzialmente idoneo a raggiungere un numero indefinito di persone configura l’aggravante prevista dal terzo comma dell’art. 595 c.p.

Ma quando si configura la lesione alla reputazione online?

In modo molto sintetico è possibile affermare che la cosiddetta diffamazione online si configura nel caso in cui risultino presenti i seguenti presupposti:
a) l’offesa deve essere diretta ad una persona specifica individuata (ad esempio nome e cognome) o individuabile (ad esempio mediante una fotografia o una descrizione accusata della persona);
b) il dolo: il colpevole deve aver avuto al momento della commissione del fatto consapevolezza e coscienza che pubblicando un contenuto online avrebbe potuto causare una lesione della reputazione della persona offesa (cosiddetto animus infamandi). Non è necessario, invece, che il soggetto abbia previsto anche la possibilità che il post o commento avesse una diffusione tale da diventare virale;
c) l’offesa deve essere visibile o resa nota ad almeno due persone (ad esempio, si tratterà di diffamazione anche nel caso di frase offensiva della reputazione scritta su un gruppo di whatsapp avente un numero minimo di tre partecipanti);
d) rispetto alla diffamazione posta in essere dal vivo non è richiesta l’assenza della persona offesa. Ed infatti, si da per presupposto che questa non abbia la possibilità di replicare immediatamente e, quindi, difendersi dall’offesa subita.

Per un approfondimento giuridico sul tema si consiglia la lettura dell’articolo “La Diffamazione online” a firma dell’avv. Alessandro Terracina al seguente link: https://www.diritto.it/la-diffamazione-online/

In quali casi il colpevole del messaggio diffamatorio è al riparo da possibili sanzioni penali?

Essendo il reato di diffamazione online perfettamente sovrapponibile a quello realizzato dal vivo o per mezzo stampa sono a quest’ultimo applicabili le scriminanti previste dal legislatore.
Pertanto, non risponde di diffamazione colui che risponde ad una provocazione o esercita il diritto di critica ex art. 21 della Costituzione. In particolare, affinché quest’ultimo possa essere invocato devono essere rispettati i seguenti requisiti:
a) verità dei fatti: il giudizio espresso deve basarsi su fatti veri o, comunque riconosciuti dalla collettività.
b) interesse pubblico: la notizia deve riguardare fatti di interesse pubblico. Perciò, ad esempio, non si può pubblicare una foto di uno sconosciuto che tradisce la moglie invocando a propria difesa il diritto di criticare chi è infedele.
c) continenza: il linguaggio utilizzato deve essere appropriato senza valicare i limiti della notizia a cui si riferisce la critica e senza utilizzare espressioni gratuitamente ingiuriose o lesive dell’altrui reputazione.

Come può tutelarsi la persona offesa?

Il soggetto che vede lesa la propria reputazione da un post o commento su un social network può difendersi, in prima battuta segnalando mediante la piattaforma stessa il contenuto affinché venga rimosso.
In secondo luogo, egli, entro tre mesi da quando ha avuto conoscenza del contenuto diffamatorio può proporre denuncia/querela all’autorità giudiziaria. In questo caso, egli darà il via ad un procedimento contro l’autore del post o commento che dovrà rispondere per le ragione sopra esposte del delitto diffamazione.
Al riguardo occorre ricordare che il privato pur potendo presentare autonomamente la denuncia/querela, avrà maggiori garanzie qualora quest’ultima sia predisposta da un avvocato penalista.
Ma vi è di più.
Nel corso del procedimento penale il soggetto che ha subito una lesione della propria reputazione può, per mezzo di un avvocato, costituirsi parte civile chiedendo i danni materiali e morali subiti a causa della condotta criminosa posta in essere dal reo.
Diffamazione mediante commento offensivo della reputazione su facebook

Fino a quanto si può chiedere a titolo di risarcimento per aver subito una diffamazione online?

Chiaramente la quantificazione del danno spetta sempre al Giudice. Tuttavia, la persona che ha subito il reato di diffamazione può già prima del giudizio farsi un’idea di ciò che potrà ottenere costituendosi parte civile nell’ambito del processo penale.
Al riguardo, l’Osservatorio di Milano sulla Giustizia Civile nel pubblicare l’edizione 2018 delle Tabelle per la liquidazione del danno ha inserito un’interessante analisi titolata “Criteri orientativi per la liquidazione del danno da diffamazione a mezzo stampa e con altri mezzi di comunicazione di massa”.
Secondo questo documento si può distinguere in:
1. Diffamazione di gravità tenue: il danno è liquidabile con un importo da 1.000,00 a 10.000,00 euro. Requisiti:
– limitata/assente notorietà del diffamante
– tenuità dell’offesa considerata nel contesto fattuale di riferimento;
– minimo/limitato spazio della notizia diffamatoria;
– assente risonanza mediatica;
– tenue intensità elemento soggettivo;
– intervento riparatorio/rettifica del convenuto.
2. Diffamazione di gravità modesta: il danno è liquidabile con un importo da 11.000,00 a 20.000,00 euro. Requisiti:
– limitata/modesta notorietà del diffamante;
– limitata diffusione del mezzo diffamatorio (ad esempio, 1 solo episodio diffamatorio avente scarsa diffusione);
– spazio modesto della notizia diffamatoria;
– modesta/assente risonanza mediatica;
– modesta intensità dell’elemento soggettivo.
3. Diffamazione di gravità media: il danno è liquidabile con un importo da 21.000,00 a 30.000,00 euro. Requisiti:
– notorietà media del diffamante;
– significativa gravità delle offese attribuite al diffamato sul piano personale e/o professionale;
– uno o più episodi diffamatori;
– media/significativa diffusione del mezzo diffamatorio
– eventuale pregiudizio alla persona offesa sotto il profilo professionale e personale
– dolo eventuale
4. Diffamazione di elevata gravità: il danno è liquidabile con un importo da 31.000,00 a 50.000,00 euro. Requisiti:
– elevata notorietà del diffamante/reo;
– uno o più episodi diffamatori di ampia diffusione (ad esempio, diffusione su un giornale o quotidiano online della notizia)
– particolare gravità del discredito e eventuale rilevanza penale o disciplinare dei fatti attribuiti alla persona offesa;
– eventuale utilizzo di espressioni denigratorie, ingiuriose o dequalificanti;
– elevato pregiudizio alla persona offesa sotto il profilo personale, professionale o istituzionale;
– elevata intensità del dolo.
5. Diffamazione di eccezionale gravità: il danno è liquidabile con un importo superiore a 50.000,00 euro. I requisiti di quest’ultima categoria non   sono stati espressamente stabiliti e, pertanto, vanno individuati per esclusione nel caso in cui l’offesa sia talmente grave, e causi un tale pregiudizio   alla reputazione della persona offesa, da non rientrare nelle precedenti categorie.

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